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LA PROPOSTA SALVAITALIA DEL NUOVO PARTITO D'AZIONE

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  1. Ufficio Stampa NPA
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    FARE DA SOLI;
    LA PROPOSTA SALVAITALIA DEL NUOVO PARTITO D'AZIONE



    Già nel gennaio 2006, al momento della sua nascita, il Nuovo Partito d'Azione era convinto che l’Italia fosse in una situazione di pericolo immediato e che già allora si sarebbe potuto verificare quanto poi si è scatenato a partire dai primi del 2008 e successivamente a partire dal luglio 2011.
    Allora come oggi, noi crediamo che si siano perduti anni preziosi per il risanamento economico e finanziario ma anche sociale del Paese, che la rendita costituita dai bassi tassi assicurati per un decennio dall'Euro sia stata dilapidata così come sono stati bruciati tanti altri punti di eccellenza che il risparmio ed il lavoro degli italiani avevano costruito. Oggi incombe lo spettro del default, per scongiurare il quale l'Italia non ha davanti a sé che una lunga via di riforme e di politiche economiche improntate a criteri di rigore e giustizia, se come Paese vuole ritornare su un sentiero virtuoso di benessere, crescita e sviluppo. In questo preciso momento storico, l'Italia sta lottando sia contro i suoi mali epocali che contro una serie di attacchi speculativi internazionali. Il margine temporale per invertire la rotta è pertanto limitato. Il Paese deve risolvere una equazione quasi impossibile da svolgere se vuole nuovamente intraprendere una linea virtuosa ed invertire il drammatico trend di decadenza che ne sta caratterizzando la situazione sociale ed economica anno dopo anno. Non tutto dipende dall'Italia e lo scenario sul quale si gioca la crisi italiana non è solo quello nazionale.
    Gli scenari, a ben vedere, sono tre:
    1) Il primo è mondiale. E' quello dei tanto temuti e imperscrutabili “mercati”, che, in realtà, celano il predominio di enormi masse di capitali che si spostano a livello mondiale e che sono detenute in buona parte dal grande capitale anglosassone. Concorrono a queste dinamiche altamente e pesantemente speculative anche le agenzie Usa di rating, a cominciare dalla ben poco credibile Moody's. E' più che lecito supporre che una parte consistente dell'establishment americano ed inglese abbia dichiarato una guerra all'Euro;
    2) Il secondo scenario è europeo. Anche qui c'è un dominus incontrastato che è la Germania che, vuoi per calcoli cinici ed egoistici, vuoi per insipienza delle sue classi dirigenti, sta facendo di tutto per ritardare una soluzione in sede europea alla crisi del debito;
    3) Il terzo scenario è quello italiano e per noi dell'NPA è anche il più importante, visto che sotto molti aspetti il vero epicentro della crisi europea, e specificamente dei cosiddetti PIIGS, è indiscutibilmente in Italia, non tanto per quello che è già accaduto (finora sono stati nell'occhio del ciclone la Grecia ed un po' meno la Spagna), ma per quello che può ancora accadere nonché per la valenza distruttiva di un default italiano, i cui effetti andrebbero a farsi sentire ben più in là di quanto possa accadere nel caso della Grecia e della stessa Spagna. Quindi è soprattutto in Italia che bisogna risolvere la crisi, non solo quella italiana. Anche perché risolvendo la crisi italiana si risolverebbe automaticamente anche la crisi europea per un buon 60%. Finora l'Europa ha deluso. All'Italia quindi dobbiamo e possiamo pensarci noi italiani. Dobbiamo farlo fino a quando la crisi non degenera ulteriormente. Dopo non ci sarà dato di fare più nemmeno questo. Ecco perché abbiamo scelto per la nostra Proposta SalvaItalia il titolo Fare da soli. Possiamo farcela da soli, dobbiamo farcela da soli. Ma come fare e cosa fare, in concreto?
    In termini concreti, l'Italia deve, pressoché sincronicamente, raggiungere i seguenti tre grandi obiettivi:
    1. Ridurre l'enorme debito pubblico e risanare la finanza pubblica liberando così risorse per l'equità e per la crescita;
    2. Sostenere i redditi dei disoccupati, degli inoccupati, degli incapienti, dei non garantiti, dei precari, dei lavoratori in difficoltà, delle famiglie più povere;
    3. Riprendere la strada della crescita del PIL, anche se su questo versante sarebbe irrealistico ed ingenuo illudersi di poter tornare ai tassi di crescita di decenni or sono. Un tasso di crescita costante dell'1% in termini reali sarebbe già un buon risultato.
    Tutto ciò va fatto il più presto possibile, perché più passa il tempo e più la situazione potrebbe apparire senza sbocchi, tranne –forse– la temuta possibilità del default (o di una dura ristrutturazione del debito), l'incubo da scongiurare.

    Da tutti e tre questi punti di vista, il solo giudizio che possiamo dare del governo Monti è negativo. Tale governo non ha saputo neanche impostare il problema della crescita perché tutti i suoi interventi sono stati contraddittori rispetto al fine. Per fare qualche esempio, si può pensare di stimolare la crescita non affrontando nemmeno il grave problema della puntualità dei pagamenti della PA alle imprese? Oppure introducendo tasse sui consumi o spostando le tasse dalla imposizione diretta a quella indiretta? Si può pensare di fare ciò togliendo a coloro che già fanno grande fatica a vivere, o a sopravvivere, senza tagliare neanche di un centesimo i costi della politica e della Casta politica o fingendo solo di farlo? La manovra di Monti è stata quindi una manovra recessiva, i cui effetti plausibili non potranno in alcun modo portare ad un aumento della crescita, ma solo ad una ulteriore diminuzione del PIL, cosa che si sta puntualmente verificando. La minaccia di aumentare di altri due punti l’IVA, dopo il punto di aumento nell’agosto 2011 ad opera del governo Berlusconi, è un monumento all'insipienza. Le manovre sulle liberalizzazioni e sull'articolo 18 sono, nella migliore delle ipotesi, soltanto dei pannicelli caldi oppure delle armi spuntate di distrazione di massa, feticci ideologici di marca conservatrice e confindustriale al pari di quelli che vengono attribuiti al sindacato.
    Dal punto di vista dell'equità, le cose stanno andando, se possibile, anche peggio rispetto al precedente governo Berlusconi. La battuta veramente vergognosa del ministro Fornero sui precari che chiedevano, come ha fatto anche il Nuovo Partito d'Azione, il Reddito Minimo Garantito (RMG) è indice di mentalità conservatrice e retrograda sulla quale non c'è bisogno di spendere ulteriori parole. La redistribuzione è qualcosa che va oltre ogni orizzonte di questa maggioranza di cosiddetti tecnici. Sostanzialmente, su molti punti non vi è assolutamente alcuna discontinuità, se non di stile, tra la maggioranza di centrodestra berlusconiana e quella del governo dei tecnici, che per estrazione sociale e per dipendenza parlamentare è strettamente omologabile con la prima.
    Purtroppo, neanche sotto il punto di vista di ciò che dovrebbe costituire il piatto forte del governo Monti le cose vanno tanto bene o tanto meglio di prima, e cioè sotto l'aspetto del risanamento finanziario. Intanto, registriamo il fatto che durante i quasi otto mesi di questo governo lo stock del debito pubblico è ulteriormente ed incredibilmente salito dai 1.890 circa miliardi di Euro dell'autunno agli attuali 1.970 miliardi (dati del 29/07/2012). La cosa più incredibile è che nessun organo di stampa parla di questo dato in controtendenza, di questa brutta sorpresa. L'unico, tangibile e rilevante effetto positivo si è avuto sui titoli di Stato, che, nel primo trimestre dell'anno, hanno fatto registrato un forte incremento dei propri corsi. Ma, come andiamo dicendo già da diverso tempo, anche lì si tratta più di fumo che di arrosto. Intanto c'è da dire che chi ha prodotto davvero l'effetto rigenerante sui corsi dei BTP nel primo trimestre dell'anno è stato un altro Mario, non Monti, ma quel Draghi che alla testa della BCE ha inondato le banche europee con quasi 1.000 miliardi di Euro concessi gentilmente alle banche europee all'1%. Con questi soldi, le banche hanno comprato gli esangui titoli di Stato ricavandone nel giro di un paio di mesi plusvalenze anche dell'ordine del 25% senza fatica e senza rischi. Poi lo spread è ritornato di nuovo in alto, agli stessi livelli pre-Monti e solo un altro intervento di Draghi lo ha fatto ridiscendere verso la fine di luglio da 520 punti a 450.
    Ma, nonostante la droga finanziaria o gli interventi a scivolone della BCE, per mantenere i corsi dei BTP ad un livello di stabilità ci vuole altro. Ci vogliono delle vere prospettive di risanamento finanziario prolungate nel tempo, ci vogliono delle serie politiche economiche e fiscali in grado di far svoltare davvero il paese e di modificare strutturalmente i suoi dati e le sue tendenze macroeconomiche. In altre parole, i problemi del prima Monti sono ancora tutti lì. Non sono mai stati nemmeno sfiorati. Sono passati dei mesi e si è guadagnato tempo, ma inutilmente perché nel frattempo le politiche più appropriate, ammesso che ne esistano ancora, non sono state esperite.
    Secondo il Nuovo Partito D’Azione, una strada prima della ristrutturazione del debito o prima del default o prima della recessione irreversibile ancora c'è, ma richiede lungimiranza e grande coraggio politico. E' una ricetta che richiede anche alcune condizioni politiche di contorno, la prima delle quali è una maggioranza solida e compatta di centrosinistra intorno agli obiettivi ed alla mission di cui adesso parleremo illustrando analiticamente i dettagli.

    Dopo aver succintamente analizzato le mancanze, gli errori e dunque la sostanziale inutilità del governo dei tecnici presieduto da Mario Monti, passiamo a proporre quella che riteniamo possa essere l'unica ricetta veramente valida e risolutiva, ma anche equa che possa rimettere in sesto l'Italia. L'unica, vera Proposta SalvaItalia percorribile. Essa riprende temi e “cavalli di battaglia” che sono già da anni propri del Nuovo Partito d'Azione, ma aggiorna il quadro tenendo conto del governo Monti, dei suoi ormai acclarati limiti e del programma macroeconomico che persegue, cercando di superare il quadro prospettato da Monti e di delinearne un altro, veramente risolutivo della crisi, che è una crisi mondiale, che è ancor più precisamente una crisi occidentale, dal 2011 soprattutto europea, ed il cui epicentro si colloca proprio in Italia. E' vero che esso sembrava spostarsi nell'Egeo o più recentemente verso la penisola iberica, ma non è così. I numeri della Grecia e, in fondo, anche quelli della Spagna non sono tali da far paura all'Europa ed al mondo intero. Il timore vero è che l'Italia possa seguire le orme della Grecia e che per far fronte ad un crollo italiano non basterebbero tutti i mezzi reperibili in Europa e forse nel mondo.
    Riesaminiamo l'equazione a tre variabili; debito, crescita, equità. Cosa si deve fare veramente quando sembra che non ci sia più nulla da fare? Come si possono fare tutte le cose insieme, senza contraddizioni? Come si può risanare il bilancio senza innescare effetti recessivi e puntando anche a rafforzare l'equità e la protezione sociale? E in quanto tempo si potrà fare il nuovo miracolo italiano? Qual è la ricetta da applicare?

    EQUITA'

    L'equità è l’aspetto delle politiche economiche, fiscali, finanziarie e sociali più urgente da affrontare. Per noi del Nuovo Partito d'Azione, equità non vuol dire solo giustizia nella contribuzione ai sacrifici e quindi nella sottoposizione ai nuovi prelievi fiscali, ma anche redistribuzione delle risorse e dei redditi. Non è una posta solo del dare, ma anche dell'avere. Il Reddito Minimo Garantito di cittadinanza è non solo un ottimo corroborante per l'equità, ma anche per la crescita a cui offre un contributo a più livelli, fermo restando già il fatto che il prelievo per la sua dotazione finanziaria è assolutamente non recessivo. Il contributo è a più livelli anche per quanto riguarda la crescita, come si illustra di seguito:
    a) I 20 miliardi annui di contributi monetari da erogare ai più poveri e deboli sostengono la domanda di beni e servizi primari in modo assolutamente stabile e certo poiché vengono sicuramente reimmessi tutti in circolo creando un effetto moltiplicatore sul mercato interno;
    b) La crescita prodotta dall'aumento stabile della domanda sarebbe vieppiù amplificata dalla creazione delle nuove Partite Iva super-marginali, che, se non sono nulla prese singolarmente, possono, in teoria, quasi raddoppiare il numero delle Partite Iva e sicuramente c'è da attendersi almeno un 10% di nuove iscrizioni, un numero di circa 400.000 nuove P.IVA. I due effetti, cumulandosi, produrrebbero sicuramente un innalzamento del PIL di tutto rispetto. Più in là, una volta avviato decisamente il risanamento della finanza pubblica, all'istituto del RMG ed alla possibilità delle microimprese super-marginali, si potrà aggiungere un'altra idea nuova (anche se, in realtà, risale all'immediato secondo dopoguerra) e cioè all'Esercito del Lavoro, una intuizione dell'azionista Ernesto Rossi.

    CRESCITA

    Nonostante si possa stimare che gli interventi di RMG e gli effetti dei redditi di Impresa Super-marginale, ai primi associati, apporteranno, nel complesso, un sostanzioso tasso di crescita, la vera questione di questo aspetto di politica fiscale è la debolezza della domanda e l’insostenibilità della pressione fiscale. Per quanto riguarda la domanda, gli interventi sociali danno già un buon contributo. Per quanto riguarda la questione degli altri fattori che impediscono ed ostacolano la crescita del PIL e quindi delle imprese, c'è da considerare in primo luogo la pressione fiscale. L'obiettivo dell'NPA è che la pressione fiscale non cresca più a partire da ora e che, se non potrà ridursi nell'immediato, almeno la si possa stabilizzare già immediatamente al livello attuale.
    Un altro problema che mina la sopravvivenza delle imprese e che quindi ne frena lo sviluppo è la questione dei pagamenti della PA. Del tutto irrilevante è la riforma dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori su cui il governo Monti ha perso tanto tempo in quella che appare una questione ideologica. Anche una politica industriale dello Stato potrebbe apportare un contributo importante, ma anche per questo obiettivo, così come per la riduzione della pressione fiscale, occorre prima ridurre il debito pubblico e il rapporto debito/PIL. Se non si liberano nuove risorse finanziarie "sane" e non "a debito", ogni altra scorciatoia è pericolosa ed illusoria.

    RIGORE
    (messa in risanamento finanziario - sicurezza dei conti – abbassamento del deficit – riduzione dello stock debito pubblico - riduzione del rapporto debito/PIL)

    Quanto fatto finora dal governo Monti, come anche le due manovre del 2011 del governo Berlusconi, senza menzionare la questione della “giustezza” e dell'equità di quelle tre manovre, non basteranno di certo, come andiamo scrivendo da mesi, a salvare l'Italia ed a modificare strutturalmente e positivamente la sua situazione finanziaria ed economica. Non solo: il debito non regredisce affatto, anzi sta aumentando notevolmente anche durante il governo Monti (incredibile a dirsi). Occorrono interventi veramente radicali e coraggiosi che possano davvero avviare un duraturo ed irreversibile processo di riduzione del debito pubblico in modo da avere degli effetti progressivi ed automatici nel tempo.
    Pur ammettendo che le previsioni di Monti contenute nella sua Relazione al Parlamento 2011 presentata il 4 dicembre 2011 al Consiglio dei Ministri si possano tradurre in realtà (anche se, come minimo, sarebbe ragionevole nutrire molti dubbi al riguardo, in quanto le variabili che possono peggiorare di nuovo il quadro sono ancora tutte presenti e possono diventare ancor più numerose), in quel caso lo stato pre-agonico dell'Italia durerebbe ancora per molti anni senza apprezzabili e tangibili risultati che possano cambiare anche la vita dei cittadini italiani. Più di quello che ha fatto, ossia ben poco in termini di riequilibrio dei conti e nulla in termini di equità, l’attuale Presidente del Consiglio non potrà fare; non ha più frecce al suo arco e dovrà solo affidarsi alla buona sorte o tutt'al più al buon cuore dell'Europa per tener fuori l'Italia dal possibile peggioramento del quadro macroeconomico nazionale ed internazionale e dal default.
    Con ciò, sempre prendendo per buoni i numeri e le previsioni macroeconomiche del Governo Monti illustrati nel dicembre 2011 in Parlamento, si vuol dire che non bisogna sprecare i sacrifici già fatti dal popolo italiano e che bisogna aggredire con forza la problematica della finanza pubblica e del debito. Noi crediamo che più di così né un governo delle destre, né il governo dei tecnici e neppure qualche strano governo ABC possano fare nel risanamento della finanza pubblica ed auspichiamo un governo di centrosinistra veramente riformatore o di sinistra perché ci sono ancora molte cose da fare in direzione del risanamento e per salvare anche i tanti sacrifici che gli italiani stanno facendo da alcuni anni. In mancanza di passi veramente decisivi, c'è il rischio di vanificare i sacrifici e le prospettive di una vera e definitiva messa in sicurezza dei conti pubblici, per non parlare degli altri “spettri” che potrebbero tornare a minacciare l’economia italiana, quali ad esempio una recrudescenza della speculazione internazionale, una recessione irreversibile o un aumento dei tassi. In estrema ipotesi, lo spettro del default.

    Partendo dalle stime del governo Monti per il triennio 2012-2014, i passi veramente decisivi per il risanamento finanziario del Paese e, al tempo stesso, per la riduzione delle tasse e quindi per la crescita nonché per alleviare l'angoscia dei più poveri, sono per noi del Nuovo Partito d'Azione i seguenti quattro:


    STEP 1: TAGLIO DELLA SPESA PUBBLICA CORRENTE
    (Spending review)

    Il costo del blocco politico-burocratico pesa sul PIL ed anche sul totale delle spese correnti dello Stato in una maniera abnorme. Il "blocco" assorbe una cifra spropositata del PIL, circa il 36%, un parametro nettamente superiore a quello degli altri Paesi occidentali ed industrializzati. Una riduzione stabile e strutturale di questo agglomerato di spesa corrente è non solo etica, ma altamente auspicabile per una salutare e definitiva inversione di marcia nella gestione dei conti pubblici. Il taglio deve essere definitivo e deve colpire la parte improduttiva e parassitaria del bilancio statale e delle altre PA (regioni, province, comuni). Secondo il Nuovo Partito d'Azione deve ammontare a non meno di 40 miliardi di Euro. Vengono già considerate, e quindi non inserite in questo calcolo, le somme derivanti dalla riduzione delle agevolazioni tributarie e quindi dei relativi fondi recuperabili in quanto già inseriti in bilancio dal governo Monti (4 miliardi nel 2012, 16 nel 2013, 20 miliardi nel 2014).
    Non vengono neppure calcolate, poiché già inserite nel bilancio consuntivo del 2011, le somme rivenienti dal recupero aggiuntivo di evasione fiscale, determinate in circa 13 miliardi di euro, secondo le stime dell'Agenzia delle Entrate. Ovviamente il recupero dell'evasione è una questione che bisognerebbe affrontare a parte, tanto essa è controversa. Se diamo per buone le stime della Agenzia delle Entrate, 13 miliardi sono una somma veramente minimale e quindi, per il momento ed in teoria e prendendo pure per buone le stime della AE, il margine di recupero di imposta è ancora molto alto. Il recupero di evasione potrebbe rappresentare una ulteriore risorsa per riequilibrare, a parità di spese, i conti dello Stato. E' ovvio che tutto ciò ha un senso solo se lo Stato italiano saprà dimostrare a tutti, non solo agli investitori internazionali, la propria capacità di tenere sotto controllo le spese che devono crescere ad un tasso non superiore allo 0,5% annuo e, in ogni caso, in percentuale inferiore all'eventuale incremento del Prodotto Interno Lordo. Anche l'Europa d'altronde ha imposto l'osservanza dello stesso parametro.
    Purtroppo anche il governo Monti non è molto affidabile nel passare dalle parole ai fatti. Invece di un taglio secco della spesa per mantenere in vita carrozzoni inutili come le Province, che costano circa 13 miliardi di Euro all'anno allo Stato, il governo Monti non è riuscito ad andare oltre un taglio, pur apprezzabile se pensiamo agli sperperi dei decenni passati, di una cinquantina di Province. Il tornaconto per lo Stato temiamo sarà alla fin fine molto esiguo, sempre che poi non salteranno fuori strani compromessi e pasticci, tipo quello di accorpare le province che debbono essere abolite con città che sono fuori dalle regioni che comprendono quelle stesse province, con produzione ulteriore di caos costituzionale e burocratico.
    Se in un editoriale dell’aprile 2012 Eugenio Scalfari scrisse che il ministro Giarda era pessimista riguardo la piena applicabilità della spending review, e quindi sulla possibilità di risparmiare 25 miliardi, un rapido sguardo ad alcune voci di spesa dimostra come vi siano tagli che si possono effettuare nell’immediato senza conseguenze di “macelleria sociale”, bensì riducendo spazi di inefficienza e di improduttività (5 miliardi possono essere tagliati da un budget di circa 82 miliardi del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali senza intaccare le Politiche Sociali autentiche, altresì si può pensare di ridurre la spesa in formazione professionale delle varie Regioni, non facilmente quantificabile sulla base dei dati attuali). Quanti miliardi possono essere stabilmente risparmiati con un taglio dei mille sprechi della Casta politica, sia a livello nazionale che a livello periferico (auto blu, consulenze d'oro, pensioni e stipendi d'oro dei manager di Stato, società regionali, ecc.)? Quanti miliardi lo Stato potrebbe risparmiare tagliando sugli armamenti? E quanti ancora ne potrebbe risparmiare finendola di buttare soldi in opere pubbliche inutili e dannose come la TAV, o come le tante altre strutture che restano incompiute anche dopo interi lustri facendo lievitare costantemente le spese? L'elenco non finirebbe mai, ma nessuno ci può seriamente venire a dire che tagliare il "grasso" della spesa statale per un importo stabile di 40 miliardi possa indurre effetti recessivi oppure di iniquità sociale. Tra l'altro, se non si tagliano davvero gli sprechi, il che significa almeno 40 miliardi di Euro e subito, con quale faccia il governo attuale e quelli futuri potranno richiedere al Paese altri sacrifici?
    In definitiva, il taglio della parte improduttiva e parassitaria della spesa pubblica potrà essere portato a compimento se e solo se vi sarà la volontà politica di dimostrare la capacità dello Stato italiano di tenere i conti sotto controllo.

    STEP 2: IMPOSTA PATRIMONIALE ORDINARIA E COMBINATA

    Almeno fino a quando il rapporto debito/PIL non rientrerà nei parametri di Maastricht confermati dalla tabella di marcia del recente accordo sul Fiscal Compact, bisognerà introdurre una Imposta Patrimoniale ordinaria e combinata. Qualche considerazione sul debito e sulla sua natura va fatta prima di sintetizzare il profilo della seconda misura decisiva per voltare davvero pagina e per mettere in sicurezza l’economia del Paese. Il debito dell'Italia calcolato in grandezze assolute è attualmente di 1.970 miliardi di Euro (Dato aggiornato al 29 luglio 2012). Prendiamo purtroppo atto che durante i quasi otto mesi di Governo Monti, nonostante il bagno di sangue inferto agli italiani, il debito in valori assoluti è cresciuto ulteriormente. Nessuno nella stampa italiana mette in rilievo questo preoccupante e grave dato. Nonostante ciò, questo non è il solo parametro debitorio da tenere in considerazione. Vi sono diversi aspetti relativistici del debito da analizzare nel dettaglio. Il debito è da mettere in rapporto col PIL, anch'esso dato sia assoluto che relativo. Il PIL previsto per il 2012 dalle stime del Governo Monti è di 1.612,3 miliardi di Euro e quindi in questo momento noi avremmo un dato aggiornato del rapporto debito/PIL che lo attesta all'incirca al 122,2%, un dato più alto del 120,3% previsto dal DEF ad aprile 2012.
    Ma questo è noto a tutti. Meno frequentemente si pensa al debito come fattore produttivo e poco si pensa al fatto che, più che il debito in valori assoluti, il fattore decisivo è dato dai margini di sostenibilità del debito stesso e che questi ultimi dipendono soprattutto dal costo del finanziamento e quindi dal costo del servizio. A titolo di esempio, è meglio avere 4.000 miliardi di debito all'1%, lo stesso tasso con cui la BCE con le due operazioni LTRO di febbraio ha inondato le banche europee di liquidità quasi “gratis et amore Dei”, oppure essere indebitati di quasi 2.000 miliardi ma ad un costo del servizio del 6% come accade adesso?
    A noi sembra decisamente preferibile la prima ipotesi, soprattutto se ci si indebita per certi motivi e non per altri. Ma vediamo dove stiamo andando veramente o dove Monti pensa di poterci portare. Da una spesa per interessi, nel 2011, di 77 miliardi e 324 milioni si passa ai 94 miliardi e 214 del 2012, poi ai 101 miliardi e 311 milioni del 2013 ed infine ai quasi 106 miliardi del 2014. E questo lo chiamiamo risanamento? Riepilogando: in otto mesi di governo Monti, per vari motivi, lo stock cresce di ben altri 100 miliardi ed inoltre nei tre anni 2012-2013-2014 il costo degli interessi crescerà nelle previsioni governative di ben 33 miliardi. Con questi numeri e con queste tendenze non c'è scampo: si va diritti al default. Nonostante il pareggio di bilancio che si dovrebbe raggiungere, stando sempre alle stime di Monti, nel 2013 (ma noi invece crediamo non prima del 2015) e nonostante l'avanzo primario, che dovrebbe essere, sempre nelle previsioni del DEF, del 5,5% nel 2014, la situazione finanziaria, nonostante pure gli sforzi enormi fin qui fatti dal popolo italiano, rimane ancora precaria e pericolante, al punto tale che qualche osservatore continua ad insistere sulla necessità di una ristrutturazione del debito italiano, dopo quello della Grecia. Noi non crediamo invece che la ristrutturazione sia inevitabile (che sarebbe una specie di soft default, in ogni caso), ma non crediamo neppure all'ostentato ottimismo di Monti e quand'anche i suoi numeri possano sembrare incoraggianti (soprattutto il dato sull'avanzo primario), se stiamo facendo quasi 29 perché, come dice il buon detto popolare, a quel punto non tentiamo di fare 30 e di chiudere, per sempre e con successo, la partita vitale col debito pubblico?
    Vediamo quali sono gli altri dati che destano le nostre perplessità. Le spese finali, ossia tutte le spese di tutte le amministrazioni statali al netto degli interessi sul debito pubblico aumentano dai 727 miliardi e 676 milioni dell'anno 2009, ai 743 miliardi dell'anno 2014, mantenendosi negli anni intermedi su un livello sostanzialmente stabile fino all'anno 2013 con 727 miliardi e 855 milioni, tranne appunto che per l'anno 2014, quando le spese finali dello Stato ammonteranno alla cifra di 743 miliardi e 109 milioni. Quindi, dal 2009 al 2014 le spese finali (sempre al netto degli interessi) sono date in incremento di 15.433 milioni di Euro, mentre gli interessi sul debito lievitano nello stesso periodo di ben 35 miliardi e 238 milioni di Euro. Sostanzialmente, a parte un aumento previsto per il 2014, le spese finali al netto degli interessi rimangono ferme (727.855 nel 2013 rispetto ai 727.676 del 2009). L'aggravio dipende interamente dalla lievitazione nel periodo considerato della spesa per interessi, che resta sostanzialmente stabile fino al 2011 e poi compie un balzo differenziale di ben 17 miliardi nel corso di quest'anno corrente per effetto dell'impennarsi dello spread Btp-Bund del secondo semestre 2011. Quelle di cui sopra non sembrano cifre sostenibili e non è affatto evidente l'opera di messa in sicurezza dei conti, pur dando per buono il raggiungimento della parità di bilancio nel 2013 e dell'avanzo primario del 5,5% nel 2014.
    Un'occhiata corre subito ad un altro dei parametri fondamentali che sono determinanti per risolvere la difficilissima equazione Italia. I fattori fondamentali per il risanamento sono sostanzialmente tre; il tasso di crescita e quindi del PIL, l'avanzo primario e il costo del servizio sul debito, cioè il tasso medio di interesse sul debito. Nel 2014 le spese delle AP, compresa la spesa per interessi (totale spese finali), ammonteranno alla preoccupante cifra di 848 miliardi e 756 milioni, lievitando di 51 miliardi rispetto ai 798 miliardi del 2009, ai 793 miliardi del 2010 ed ai 799 miliardi del 2011 e di quasi 33 miliardi rispetto al 2012. La spesa per interessi passa dai 70 miliardi circa del 2009 e del 2010, ai 77 del 2011, ai 94 del 2012, ai 101 del 2013 fino ai circa 106 del 2014.
    Sostanzialmente l'incremento sarà dovuto al fatto che i tassi di crescita del debito pubblico e soprattutto della spesa per interessi risulterà ben maggiore dei tassi di crescita delle spese totali al netto di interesse e ben superiori ai tassi medi di crescita del PIL del periodo considerato. Da dove viene allora l'ottimismo montiano e della sua vasta corte di parlamentari, mass media, ecc., francamente non siamo in grado di capirlo. God only knows, direbbero gli inglesi. Ma torniamo al parametro del costo del debito.

    Nel 2014 il Prodotto Interno Lordo stimato sarà di 1.693 miliardi di Euro (anche questo dato ci sembra molto ottimistico) e mancano purtroppo le stime più importanti; quanto sarà il debito in assoluto nel 2014 ed il rapporto debito/PIL nel 2014? Monti non lo dice e possiamo attenerci quindi solo al momento attuale; con un debito di circa 1.970 miliardi e con un PIL stimato al 2012 a 1.612,3 miliardi di Euro, l'Italia dovrebbe far registrare nell'anno corrente un rapporto debito/PIL di circa il 122,2%. Le tendenze del PIL non sono certamente buone, e quasi su scala giornaliera le stime vengono riviste al ribasso. Ammettendo che i tassi di crescita del PIL per i prossimi due anni siano quelli previsti dal governo Monti (un PIL reale a -1.2 ed un PIL nominale a +0,5 nel 2012 ed un PIL reale nel 2013 di +0,5 mentre il PIL nominale 2013 sarebbe del +2,4, cifre che a noi sembrano largamente all’insegna di un ottimismo quasi irresponsabile), resta sempre il fatto che il debito cresce troppo anche rispetto ad un tasso di PIL come quello previsto da Monti. Si potrebbe aggiungere che, mentre la crescita del debito sembra sicura, quella del PIL è tutta da verificare. Qui torna in ballo il parametro del costo del debito e si torna quindi al discorso che avevamo aperto poco fa. Esiste una certa relatività anche del debito. Non solo è meglio indebitarsi a lungo e con tassi bassi e con cifre superiori rispetto ad uno stock dimezzato ma con interessi ben più alti, ma conviene indebitarsi solo se quell'indebitamento serve per investire nella ricerca, nella produzione, in settori emergenti, nello sviluppo dei distretti industriali, nella graduale riduzione delle tasse (ma solo dopo essere entrati nel circolo virtuoso del progressivo ed automatico abbattimento del debito), nella riorganizzazione della PA e dei fattori produttivi, negli incentivi mirati e non clientelari. In tutti questi casi, i soldi del debito sono spesi in maniera assai fruttuosa ed il ritorno sotto forma di incremento del PIL non tarda a manifestarsi con i suoi molteplici effetti positivi. Quindi, per chiudere il cerchio, dobbiamo considerare il parametro del costo del debito. L'avanzo primario del 5,5%, previsto dalle fonti governative per il 2014, è abbastanza buono, ma non pensiamo possa fare da solo il miracolo e neppure che possa crescere ancora di molto nelle condizioni date, nelle quali ci sembra impossibile aumentare ancora la pressione fiscale, ormai una delle più alte al mondo, se non addirittura la più alta al mondo.
    Qual è allora il costo del debito che Monti prevede per il 2012 e per i prossimi due anni? Questo non viene detto esplicitamente, ma si tratta di un dato che si può ricavare ugualmente e che si può indicare in un tasso del 6,2% per il 2014. Ancora una volta ci chiediamo, e chiediamo al prof. Monti, se queste sue cifre sono cifre da risanamento. Pur mettendo in conto i fattori positivi del pareggio di bilancio e dell'avanzo primario al 5,2% nel 2014 (poi diventato 5,5% nel DEF di aprile), il costo del debito al 6,2%, sempre per l'anno 2014, dovrebbe indurci tutti ad una forte preoccupazione sulla sostenibilità dei conti pubblici e del debito. Diciamo che, nella migliore delle ipotesi, ci fa rimanere decisamente perplessi sulla bontà della cura Monti e sulle sue effettive capacità di risanare la finanza pubblica italiana. Di certo, ci fa essere abbastanza scettici sulla capacità dei governo dei tecnici sostenuto da Alfano-Bersani-Casini di farcela a liberarci dal peso insostenibile del debito. Scettici, in realtà, è un’espressione eufemistica. Senza una Patrimoniale andremo a picco. L'Italia non può farcela senza di essa. Le manovre del 2011 e del 2012 hanno cambiato il quadro del Paese e senz'altro l'autorappresentazione che gli italiani hanno del loro Paese, prima esageratamente ricco, ora, magari, anche esageratamente, percepito come un Paese con un futuro di miseria. Non eravamo tanto ricchi prima, non siamo così poveri adesso, ma certamente per riportare il Paese sulla retta via la Patrimoniale (propugnata solitariamente dal Nuovo Partito d'Azione già dal 2005, un tempo in cui la parola era tabù e non poteva essere da noi neo-azionisti pronunciata neanche negli ambienti della sinistra cosiddetta radicale) è diventata assolutamente indispensabile come l'aria che tutti respiriamo. Dopo l'approvazione, nel gennaio 2012, del Fiscal Compact, approvato di recente anche dal Parlamento italiano, che impone al nostro Paese un rientro di un ventesimo del debito in eccesso per ogni anno (circa 45 miliardi all'anno per venti anni), la Patrimoniale è diventata qualcosa come le Forche Caudine. Bisogna passarci sotto ad ogni costo, non solo perché ce lo impone l'Europa, ma anche perché qualsiasi altra manovra compiuta con aumenti di tassazione ordinaria farebbe compiere all'Italia un passo indietro fulmineo nei decenni o forse nei secoli scorsi e lo farebbe compiere già a partire dalla predisposizione della prossima Finanziaria. Non è più possibile pensare a nuove tasse ordinarie distribuite su tutti, soprattutto sui segmenti sociali più in difficoltà, pena l'eutanasia di questo Paese, che avvenga in forma di default, di suicidi di massa o di violente rivolte popolari.

    Caratteristiche della T.P.P.C.
    (Tassa Patrimoniale Progressiva e Combinata)

    Osservando la struttura patrimoniale italiana, in cui il 10% delle famiglie possiede il 45% della ricchezza totale (stimata in un totale di € 8.600 miliardi netti nel 2009) e, tramite semplici calcoli, nella media di € 1,612,000 a famiglia per il decile più ricco), si evince come nel nostro paese la distribuzione della ricchezza (intesa grosso modo come somma delle attività reali e finanziarie al netto delle passività finanziarie) sia fortemente squilibrata. La metà delle famiglie italiane ha un patrimonio netto medio di circa € 70mila. Grazie ad alcune tradizionali scelte di investimento (il classico “mattone”), il patrimonio della maggioranza delle famiglie italiane rimane comunque solido, in quanto il 62% della ricchezza è costituito da attività reali, e di queste l’82% è costituito da case di proprietà (€ 4.800 miliardi nel 2009). Sebbene la ricchezza media per famiglia italiana (circa € 350,000) ponga il nostro paese in linea con gli altri paesi industrializzati (e, per esempio, di gran lunga superiore al livello degli Stati Uniti), rimane tuttavia il dato di una notevole sperequazione in termini di distribuzione della ricchezza.
    A partire da questi dati, si può ipotizzare l’introduzione di un’imposta patrimoniale annuale, e quindi di tipo ordinario, che colpisca in modo progressivo la ricchezza superiore a una determinata soglia. Ipotizzando un valore di € 500,000, la base imponibile complessiva sarebbe dell’ordine di € 3.000 miliardi. Mettendo le famiglie italiane in ordine di ricchezza patrimoniale, se si tassa il primo ventile al 2% e il secondo ventile al 1% si ricavano già intorno ai 50 miliardi. Nei primi due ventili rientrano le famiglie con una ricchezza netta superiore al milione di Euro. Come correttivo alla tassazione, è possibile introdurre una franchigia sulla prima casa, facendo in questo caso partire la patrimoniale da una soglia minima di € 500,000. In questo caso un sistema a quattro aliquote potrebbe avere la seguente struttura:

    1% per la quota compresa tra € 500.000 e 1 milione;

    1.5% per la quota compresa tra € 1 e 2 milioni;

    2% per la quota compresa tra € 2 e 5 milioni;

    2.5 % per la quota eccedente € 5 milioni.


    Con queste quattro aliquote, nonostante l’introduzione di una franchigia sulla prima casa, si otterrebbe un introito compreso tra € 40 e 50 miliardi all’anno.

    Tra le altre caratteristiche dell’imposta patrimoniale vi sarebbero le seguenti:
    -Progressività sugli scaglioni del patrimonio complessivo;
    -Non sarebbe un’imposta una tantum, ma avrebbe corso per venti anni: si pensi al fatto che l’ISF (Impot de solidarité sur les fortunes, l’imposta patrimoniale francese) è un’imposta patrimoniale di tipo ordinario in vigore continuativamente dal 1989;
    - Criterio aggiunto “combinato”: l’aliquota verrà corretta al rialzo se i cespiti patrimoniali provengono direttamente dalla spesa statale (dirigenti statali, consulenti di alto livello, commesse, appalti e concessioni dallo stato). A causa tuttavia dell’enorme difficoltà di accertamento fiscale su tali componenti patrimoniali e il modo in cui essi in passato sono stati acquisiti, si provvederà a soddisfare le esigenze di giustizia contributiva ispirate al criterio di combinatorietà introducendo un saldo del “differenziale combinato” tramite un prelievo aggiuntivo IRPEF calcolato sui redditi di derivazione statale ottenuti nell’anno fiscale di riferimento;
    - Si considera la situazione patrimoniale del nucleo familiare;
    - Vengono inclusi nel patrimonio complessivo imponibile i capitali legalmente portati all’estero (i capitali esportati illegalmente sono sottoposti ad una legislazione differente, quella del cosiddetto “scudo fiscale”);
    -Sono esclusi i beni strumentali e dell’impresa.

    La TPPC è un’imposta patrimoniale di tipo dichiarativo che richiede un nuovo modello di autocertificazione; una volta aggiornati i dati catastali, la dichiarazione dovrà essere coerente con tali dati.

    Aggiungiamo a questo punto che l'unica ricetta ancora possibile per risolvere la quasi irrisolvibile equazione italiana deve prevedere necessariamente un terzo elemento decisivo e cioè:

    STEP 3: PRESTITO FORZOSO GARANTITO DAL PATRIMONIO PUBBLICO

    Ipotizzando un patrimonio pubblico gestito da una società statale che sappia valorizzarlo, non come ora (il patrimonio attualmente non rende praticamente nulla allo Stato), ma al tasso del 5,5% (ci sono degli studi specializzati su questo tema), non ci sarebbe nemmeno più bisogno di privatizzare (lo si è fatto già abbastanza negli anni '90) e lo Stato potrebbe contare su una nuova entrata fissa di circa 44 miliardi annui senza imporre nuove tasse. Il prestito forzoso dovrebbe avere come scopo quello di assorbire uno stock pari a circa la metà del debito pubblico (circa 900 miliardi corrispondenti all'incirca al debito interno), attualmente in mano a investitori italiani. Quindi i soggetti italiani (non più solo privati, ma istituzioni finanziarie, enti, imprese, ecc.) dovrebbero coprire con tale prestito la metà dello stock del debito pubblico e finanziarlo a tassi forzosi (2,5% corrispondente al tasso legale al momento attuale). Verrebbero emanate emissioni con scadenza più lunga (swap) e con caratteristiche particolari. Si può pensare ad emissioni quotate su uno speciale circuito telematico e riservate solo a soggetti residenti in Italia, i quali possono rivendere tali obbligazioni soltanto a soggetti residenti in Italia.
    Il meccanismo sarebbe più o meno questo (lasciamo ovviamente un fisiologico margine di spazio a futuri ritocchi di queste tecnicalità):

    1) Lo Stato colloca quote (non azioni) della nuova società che gestisce il patrimonio pubblico presso tutti i residenti italiani tramite un certificato;
    2) Nel certificato è indicato il controvalore reale dell'assegnazione, cifra che corrisponde esattamente alla contribuzione al prestito forzoso di quel determinato soggetto (nella misura del 20% del proprio patrimonio liquido);
    3) Il residente riceve il certificato e da quel momento ha quindici giorni di tempo per poter acquistare i BTP forzosi (ma anche CCT, BOT e CTZ) presso la sua Banca. Il residente dovrà depositare presso la sua Banca una copia autenticata del certificato originale emanato dallo Stato che attesta il controvalore della contribuzione forzosa a cui è chiamato;
    4) Il soggetto residente può, se lo vuole, rivendere i BTP forzosi nello speciale segmento MOT dedicato espressamente ed unicamente a tali emissioni (potrebbe chiamarsi anche MSOT cioè, invece di Mercato Obbligazionario Telematico, Mercato Speciale Obbligazionario Telematico), a condizione che entro un mese dall'ultima vendita li ricompri (al prezzo di mercato che entro un mese dall'ultimo trade effettuato ritenga più opportuno);
    5) Dalle banche estere non può partire alcun ordine di acquisto o di vendita di questi BTP forzosi, se non altro perché nessun residente può consegnare a quelle stesse banche la copia autenticata del certificato (pena multe o sanzioni amministrative o fiscali o la perdita delle garanzie reali incorporate nelle quote della società statale), senza della quale la Banca non può autorizzare quel determinato soggetto alla compravendita sul MSOT;
    6) Se qualche residente in Italia volesse operare sul MSOT attraverso banche estere, ciò gli sarà impedito dal fatto che saranno autorizzate a svolgere per conto dei propri clienti operazioni di compravendita e deposito titoli sul MSOT, sempre in relazione unicamente a questi titoli speciali, solo le filiali italiane di banche che abbiano sede in Italia.
    L'importante è che lo Stato possa assicurarsi il finanziamento della metà dell'attuale stock (la metà che coincide con il suo debito verso gli stessi residenti italiani) a scadenze più lunghe ed ad un tasso del 2,5% rispetto al 6,2% attuale. Non solo: lo Stato potrà aggiungere al risparmio sul debito anche i proventi della valorizzazione ottimale del suo patrimonio pubblico. Quest'ultimo viene posto come collaterale in termini reali per il prestito forzoso ed a garanzia quindi degli stessi cittadini (secondo la nostra proposta, il prestito forzoso dovrebbe essere richiesto nella misura del 20% degli asset finanziari di ogni soggetto residente in Italia e nel calcolo rientrerebbero anche i capitali detenuti legalmente all'estero).
    Con l’operazione “prestito forzoso” anche le banche, inserite nel programma, sarebbero finalmente e concretamente chiamate al risanamento finanziario del Paese. Ne avrebbero, nonostante tutto, molti vantaggi, il primo dei quali è la valorizzazione e la sicurezza degli asset in portafoglio (gli stessi titoli di Stato di cui le banche sono piene) ed un tasso di remunerazione assolutamente non disprezzabile, pur trattandosi di un tasso di prestito forzoso.
    Va da sé che una blindatura della metà dello stock e quindi del costo del debito su di essa avrebbe immancabilmente effetti virtuosi anche sull'altra metà del debito, quella in mano agli stranieri, la cui prospettiva porterebbe ad un altro abbassamento del costo, un processo questo progressivo e più lento, distribuito in più anni e correlato strettamente anche agli incassi di una patrimoniale ordinaria.

    A questo punto, partendo sempre dai dati e dalle previsioni del governo Monti e assumendo l’affidabilità dei dati del Governo, cercheremo di perfezionare la nostra proposta, introducendo poi i quattro ingredienti di quella che, secondo l'NPA, è l'unica ricetta e quindi l'unica strada virtuosa e a lieto fine rimasta al nostro Paese. In altre parole, svilupperemo nuove proiezioni con le cifre del taglio degli sprechi della spesa corrente, del prestito forzoso e della Patrimoniale (il RMG in questo caso lo teniamo da parte) e valutando come questi interventi vanno a modificare il quadro di bilancio a partire dal 2014 rispetto alle proiezioni ed alle simulazioni del governo Monti.

    SIMULAZIONE 2014

    Totale spese finali netto interessi: 743.109 - 38 miliardi = 705.109 miliardi
    (stime modificate NPA)
    Totale spese interessi: 106 - 30 = 76 miliardi (stime modificate NPA)
    Totale entrate finali: 830.879* + 44 (rendimento patrimonio pubblico) = 874.879 miliardi (stime modificate NPA)
    Saldo primario 2014 (stime Monti)**: 5,2%
    Avanzo totale di bilancio 2014 ante-Patrimoniale e nuova legge sui patrimoni mafiosi =
    874.879 – 781.109 miliardi (stime modificate NPA)*** ; 93,770 miliardi


    Totale spese finali netto interessi (2014); 743.109 - 38 miliardi = 705.109

    Totale spese interessi; 106 - 30 = 76 miliardi

    Totale entrate finali; 830.879 + 44 = 874.879 miliardi

    Saldo primario 2014 (stime Monti); 5,2%

    Avanzo totale modificato; 874.879 – 781.109 = 93,770 miliardi

    Avanzo totale modificato 2014 (%); 5,54%



    *Il dato di 830.879 comprende già le entrate previste dal Governo in 20 miliardi rivenienti dal taglio "a regime" delle agevolazioni fiscali
    **Stime Monti - Fonte MEF, Tavola 2a Relazione al Parlamento 2011
    ***Nelle stime modificate NPA non c'è più l'avanzo primario perché c'è addirittura l'avanzo totale, un avanzo totale pingue, del resto. La presenza di un avanzo primario non vuol dire ancora molto sul risanamento di un bilancio. Un bilancio può permanere in stato di deficit pur in presenza di un discreto avanzo primario, come è appunto il caso dell'Italia al momento attuale. Al contrario, la presenza di un avanzo totale, anche minimo nell'ordine di 5-10 miliardi, è segno sicuro che i conti sono stati rimessi su un binario solido e di tutta sicurezza. Lo scenario poi migliora ulteriormente se, come nel caso stimato dall'NPA, l'avanzo totale sfiora, ancor prima degli introiti della Patrimoniale e di quelli che possono derivare da una nuova legge sui patrimoni mafiosi, i 100 miliardi di euro.
    Come si evince dalla tabella, comparirebbe per la prima volta l'avanzo totale e non più un, per quanto notevole, avanzo primario. L'avanzo totale sopravanzerebbe per la prima volta la spesa per interessi (106 miliardi che si sono ridotti nel frattempo a 76 miliardi per effetto del prestito forzoso sul debito interno). E, lo ripetiamo, non abbiamo ancora applicato la Patrimoniale e il possibile risparmio incrementale sugli interessi della metà del debito in mano ai soggetti esteri. Le spese finali totali e le entrate finali totali nel 2014 evolverebbero quindi (stime NPA) nel seguente modo:

    Spese finali totali 2014 compreso costo del debito (stima Monti); 848.756

    Spese finali totali modificata 2014 (stima NPA con costo debito); 781.109

    Entrate finali totali (stime governo Monti); 830.879

    Entrate finali totali (stime NPA ante-Patrimoniale e legge patrimoni mafia); 874.879

    Avanzo complessivo (stime Monti); -17.877

    Avanzo complessivo (stime modificate); +93.770


    Spese finali totali 2014 compreso il costo del debito (stima Monti):
    848.756 mln. (848 miliardi e 756 milioni di euro)
    Spese finali totali 2014 compreso il costo del debito (stima modificata NPA):
    781.109 milioni (781 miliardi e 109 milioni di euro)
    Entrate finali totali (stime governo Monti):
    830.879 milioni (830 miliardi e 879 milioni di euro)
    Entrate finali totali (stime modificate NPA ante Patrimoniale e nuova legge sui patrimoni mafiosi): 874.879 milioni (874 miliardi e 879 milioni di Euro)
    Avanzo totale 2014 (stime Monti): -17.877 miliardi di euro

    Avanzo totale 2014 al netto della Patrimoniale e della nuova legge antimafia (stime modificate NPA): 93.700 miliardi di euro (93 miliardi e 700 milioni di Euro)



    Parallelamente a questa dinamica virtuosa, anno per anno, la Patrimoniale e le entrate rivenienti da una nuova legge sui patrimoni mafiosi, di cui abbiamo già detto, andrebbero a tagliare in maniera significativa (45 miliardi l’anno) lo stock del debito pubblico eccedente il 60% del rapporto debito/PIL. I 45 miliardi previsti corrispondono esattamente ad una rata media ventennale prevista dal Fiscal Compact . Meglio ancora sarebbe se il taglio venisse applicato esattamente, nel corso degli anni, alla metà dello stock detenuto da soggetti esteri, in modo da riportare nel tempo il debito completamente in mano ai soggetti residenti in Italia. L'obiettivo nel giro di pochi anni deve essere di un costo medio per la parte estera del debito del 4% annuo, il che comporterebbe un ulteriore risparmio della spesa per interessi di altri 20 miliardi di euro circa "a regime", senza contare che l'abbattimento del debito nei primi quattro anni sarebbe già di 180 miliardi con un decremento ulteriore in conto interessi (se calcolati sulla parte estera del debito) di ulteriori 7,2 miliardi di euro.

    SIMULAZIONE 2015

    Nel 2015, assumendo ancora come stabile e non in diminuzione la pressione fiscale ed applicando un tasso di incremento delle spese statali non superiore allo 0,5% (con un PIL stabile ai valori dell'anno 2014), avremmo il seguente quadro:

    BILANCIO DELLO STATO 2015
    Importo (miliardi di Euro)

    Totale spese finali netto interessi; 708.530

    Totale lordo spese finali (+76 miliardi); 784.530

    Totale entrate finali; 874.879

    Avanzo totale (stime NPA); 90.349


    A questo punto, ipotizzando secondo gli accordi in sede europea (confluiti nell'ultimo del genere, cioè nel Fiscal Compact del gennaio 2012), il rientro di un ventesimo all'anno dell'eccesso di indebitamento si aggiungerebbero le risorse aggiuntive della Patrimoniale (e delle nuove leggi sui patrimoni mafiosi) e potremmo abbattere tranquillamente la quota parte annuale in eccesso, ammontante a circa 45 miliardi di Euro, continuando a produrre di anno in anno un sostanzioso avanzo totale, anzi contando, per ogni anno a partire dal 2014, su un tesoretto. A partire dal 2016, con gli avanzi totali di bilancio e con uno stock del debito che continuerebbe anno dopo anno ad abbassarsi (grazie anche alle entrate del pacchetto Patrimoniale ecc.) si potrebbe cominciare una prima moderata, vera, strutturale riduzione della pressione fiscale, abbassando tasse per 15 miliardi. Dal 2017 si potrebbero aggiungere a questi 15 miliardi, altri 5 miliardi per incrementare le spese del Welfare (soprattutto la dotazione del RMG, magari dando vita già ad un primo abbozzo di Esercito del Lavoro, e per aumentare un decimo di punto di PIL i fondi da destinare alla ricerca in settori emergenti ed avanzati (nanotecnologia, robotica, biotecnologia, energie alternative e rinnovabili ecc.). Man mano potrebbero riprendere anche le spese per investimenti. Nel giro di 5-6 anni, il nostro Paese riprenderebbe a fiorire ed a correre in tutti i settori. Diventerebbe, e forse per la prima volta, davvero uno dei Paesi più forti economicamente del mondo o forse diventerebbe davvero il più Bel Paese del mondo.

    STEP 4: REDDITO MINIMO GARANTITO

    Considerando l'avanzo totale di bilancio, che si attesterebbe per molti anni tra un minimo di 80 miliardi di euro ed un massimo di 95 miliardi, e considerando la Patrimoniale e gli introiti di una dura legge per la confisca dei patrimoni mafiosi (sui 45 miliardi per 20 anni), l'Italia potrebbe contare per un lungo periodo di tempo su una bocca di fuoco aggiuntiva di ben 135 miliardi di Euro, ottenuti senza effetti recessivi e senza svendite del patrimonio pubblico. Come dicevamo in apertura di questa PROPOSTA, avremmo finanche effetti di sostegno della domanda interna, dovuti in buona parte all'introduzione del RMG, una istituzione del Welfare più moderno, presente già da tempo in quasi tutti gli Stati europei, fatta eccezione per Grecia ed Italia, guarda caso, gli Stati più in crisi col debito pubblico. L'introduzione del RMG non peserebbe affatto sui conti, né modificherebbe le poste di bilancio appena dette, in quanto il tutto si risolverebbe sostanzialmente in una partita di giro. Nel caso del RMG, non si tratterebbe affatto di spendere di più, ma solo di spendere meglio alcuni capitoli del bilancio statale. Secondo il Nuovo Partito d'Azione, che è stato il primo partito in Italia a battersi per l'introduzione del Reddito Minimo Garantito (si tratta infatti di un punto presente fin dal 2005), il RMG italiano dovrebbe presentare i seguenti parametri:

    -Viene erogato un RMG a 4 milioni di italiani, i più bisognosi;
    -L'erogazione è di € 416 mensili (esentasse) per un totale di € 5.000 annui;
    -Il sussidio viene erogato a cittadini italiani residenti in Italia e a cittadini stranieri residenti in Italia continuativamente da almeno 15 anni che, superata l'età di 30 anni ed essendo iscritti da almeno 2 anni nelle liste dell'Agenzia per l'Impiego, non abbiano alcun reddito oppure abbiano entrate insufficienti a mantenere uno standard di vita decoroso e dignitoso per sé e per la propria famiglia. In ogni caso, gli over-50 che rientrino nella lista di possibili beneficiari hanno una priorità su tutti gli altri, compatibilmente con la situazione economica evidenziata dai calcoli ISEE;
    -Il sussidio viene erogato solo a condizione che il beneficiario si dichiari disponibile a svolgere un lavoro per almeno 10 funzioni o profili professionali. Tali profili vengono selezionati in base ad una lista elaborata dall'Agenzia per l'Impiego, che è l'unico Ente che può avviare questi cittadini al lavoro.

    Ai percettori del RMG viene data inoltre la possibilità di integrare il sussidio con altri redditi ed esattamente con redditi di microimpresa supermarginale. Aprendo una Partita Iva con tetto di fatturazione di 8.000 Euro annui, i beneficiari del RMG potranno cumulare i due redditi senza dover rinunciare al primo, ossia al RMG. Tali microimprese -dette supermarginali- sono esentate dai contributi INPS e sono sottoposte ad un regime tributario con aliquota unica del 5%.


    CONCLUSIONI

    Dalle considerazioni precedenti, appare evidente come per l’Italia intraprendere nuovamente un sentiero virtuoso di crescita, rigore ed equità sia una questione in larga parte risolvibile al suo interno, senza un ricorso intensivo a pratiche di finanza pubblica a livello europeo (Eurobond, firewall antispread, European Stability Mechanism). Questi ultimi meccanismi, se pure utili a mitigare nel breve periodo situazioni di criticità sul fronte dell’aumento dei tassi di interesse e in relazione ai potenziali rischi di default, tuttavia non hanno l’efficacia necessaria per affrontare e risolvere strutturalmente la complessità e la gravità di situazioni quale quella del nostro Paese, in cui un rapporto debito/PIL ormai fuori controllo rischia di minare per sempre la credibilità del sistema di finanza pubblica e di impedire, negli anni a venire, la realizzazione di qualunque politica di sviluppo sociale ed economico.


    APPENDICE ALLEGATI

    ALLEGATO 1 - COPERTURA FINANZIARIA DEL RMG

    COPERTURA FINANZIARIA DEL RMG (20 miliardi annui) €

    Prelievo aggiuntivo montepremi Giochi e Lotterie: 10 miliardi

    Riordino spese Ministero delle Politiche Sociali e degli Enti Locali; 5 miliardi

    Contribuzioni volontarie 8 per mille (voce RMG e Nuovo Welfare); 2 miliardi

    Contributo solidarietà Fondazioni Bancarie; 1 miliardo

    Tagli spese AP a partire da aprile 2012; 2 miliardi

    TOTALE; 20 miliardi



    ALLEGATO 2 - TABELLA PROIEZIONI DEL GOVERNO MONTI SUI CONTI PUBBLICI in miliardi di Euro

    (Relazione in Parlamento del dicembre 2011)

    SPESE
    2012; 680.713
    2013; 687.038
    2014; 702.052
    Spese correnti netto interessi



    Interessi passivi
    94.214
    101.311
    105.647
    Totale spese correnti
    774.927
    788.349
    807.699
    Totale spese in conto capitale
    41.019
    40.817
    41.057
    Totale spese finali netto interessi
    721.732
    727.855
    743.109
    Totale spese finali
    815.946
    829.166
    848.756




    ENTRATE



    Totale entrate tributarie
    483.542
    496.750
    508.782
    Contributi sociali
    222.281
    226.078
    230.681
    Altre entrate correnti
    60.897
    63.313
    64.955
    Entrate in c/capitale non tributarie
    5.579
    6.349
    6.421
    Totale entrate finali
    772.299
    792.490
    810.879
    Pressione fiscale %
    43,8
    43,8
    43,7
    Riduzione agevolazioni fiscali
    4.000
    16.000
    20.000




    SALDI



    Saldo primario
    54.567
    80.635
    87.770
    Saldo di parte corrente
    -4.871
    13.214
    16.175
    Indebitamento netto
    -39.647
    -20.676
    -17.877






    ALLEGATO 3 - TABELLA DATI DEL DEF (aprile 2012)

    Quadro programmatico aggiornato
    2012
    2013
    2014
    2015
    Indebitamento netto
    -1.7
    -0.5
    -0.1
    0.0
    Indebitamento netto strutturale
    -0.4
    0.6
    0.6
    0.4
    Variazione strutturale
    -3.2
    -1.0
    0.0
    0.2
    Debito pubblico (netto sostegni)
    120.3
    117.9
    114.5
    110.8
    Avanzo primario
    3.6
    4.9
    5.5
    5.7


    ALLEGATO 4 - SPECCHIETTO RIASSUNTIVO PRESTITO FORZOSO (CON VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO PUBBLICO)

    VOCI FINANZIARIE PUBBLICHE E PRIVATE
    IMPORTO IN %/€

    Stock da finanziare; 900 miliardi

    Percentuale di prestito forzoso su ogni patrimonio; 20%

    Totale attività finanziarie soggetti residenti (famiglie, banche, enti, ecc.); 4000 miliardi

    Introiti da valorizzazione patrimonio pubblico; 44 miliardi

    Tasso medio prestito forzoso; 2,5 (tasso legale)

    Risparmio quota interessi per la parte detenuta da soggetti nazionali (2014); 30 miliardi



    ALLEGATO 5 - RIEPILOGO COMPLESSIVO PROPOSTA SalvaItalia NPA

    RIEPILOGO COMPLESSIVO RISPARMI/MAGGIORI ENTRATE
    IMPORTO in €

    Taglio strutturale spesa corrente; 40 miliardi

    Deduzione per RMG; -2 miliardi

    TPPC (con lotta ai patrimoni mafiosi e maggior recupero evasione); 45 miliardi

    Prestito forzoso (minori interessi); 30 miliardi

    Prestito forzoso (maggiori entrate); 44 miliardi

    Riepilogo totale MINORI SPESE; 68 miliardi

    Riepilogo totale MAGGIORI ENTRATE; 89 miliardi















    Il documento che avete appena finito di leggere è stato chiuso per la stampa il giorno 7 agosto 2012.

    Nuovo Partito d’Azione
    Dipartimento Economia e Finanza (responsabile: Lorenzo Vantaggiato)
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    www.nuovopartitodazione.it
    Facebook: Amici del Nuovo Partito D’Azione https://www.facebook.com/groups/amici.npa/
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    Edited by Ufficio Stampa NPA - 8/8/2012, 01:40
     
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    si può scaricare il pdf della PROPOSTA SALVAITALIA NPA
     
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