Orange Forum - Forum ufficiale del Nuovo Partito d'Azione

COSA SI PUO’ ANCORA FARE PER UN PAESE IN CUI NON SI PUO’ FARE PIU’ NIENTE

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  1. Segreteria Nazionale
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    Anche la manovra Monti sta per passare in archivio. La terza manovra ‘lacrime e sangue’ in pochissimi mesi. Una manovra da 20 miliardi che purtroppo non farà altro che aggravare la situazione ed il malato.
    Un’altra gragnuola di tasse distribuite in ogni settore; casa, consumi, pensioni, risparmio. Tasse senza compensazioni di altra natura; nulla per la seconda società, nulla di veramente serio di tagli alla Casta ed alle ipertrofiche spese delle istituzioni, nulla di serio contro l’evasione fiscale (almeno si potrebbero ridurre alcune agevolazioni fiscali e recuperare alcuni miliardi). Mancano tante altre cose. Ogni manovra assomiglia a quello strumento di tortura medioevale che strangola molto lentamente il malcapitato aumentando solo la crudeltà. In questo caso, ogni manovra è tanto forte da strangolare l’economia ed i cittadini e, nello stesso tempo, tanto debole finanziariamente da non bastare e da far presagire solo la prossima. Basta un giudizio di Moody’s o delle altre due sorelle Usa del rating, altro cancro della finanza contemporanea (se si trattasse di giudizi al di sopra di ogni sospetto la funzione delle agenzie di rating sarebbe positiva, ma in questo caso abbiamo il sempre più forte sentore che si tratti di organismi dalla condotta non proprio regolare e cristallina), e si ritorna alla casella di partenza. Cosa possono fare 20 miliardi nella situazione dell’Italia di oggi quando basta un allargamento dello spread col Bund per vaporizzare nel nulla i miliardi così faticosamente strappati alle famiglie, alla massa dei cittadini? Non serviranno a nulla o comunque a ben poco. Se si compara la situazione del governo Monti con il precedente governo del Male o del Bunga Bunga si può dire senz’altro che a qualcosa servono questi 20 miliardi. Servono cioè a ritardare il momento del ‘redde rationem’. Fino ad un mese e mezzo fa il default dell’Italia poteva essere davvero una questione di giorni o di settimane. Con il governo Monti c’è almeno la speranza che quel momento possa spostarsi più in là; mesi, due anni forse, chi lo sa? Ma certamente si è comprato del tempo. L’incubo però si è solo spostato nel tempo, non si è dissolto, Se il paragone tra i due governi è improponibile,e di questo va dato atto a questo governo di tecnici, va detto anche che il governo Monti ha due grossi limiti; il primo è un limite di impostazione culturale. Si tratta di un governo di alta borghesia delle professioni, di impostazione cattolico-liberale che mi sembra poco adatto a quelle grandi riforme di cui l’Italia ha bisogno e che solo un centrosinistra avveduto potrà tentare. Va detto per onestà intellettuale che c’è la figura del ministro Fornero che forse merita una apertura di credito da questo punto di vista. Occorrerà tenerla d’occhio la professoressa Fornero e sostenerla se sarà il caso. L’altro limite del governo Monti è quello di essere un governo a ‘leasing’ con voti parlamentari a prestito e con una missione non ben chiara. Salvare l’Italia dall’emergenza finanziaria è un intento chiaro, ma c’è l’inconveniente che non è la stessa cosa che dire riformiamo il codice della strada. Uscire dall’emergenza finanziaria non è un compito tecnico o neutro, adatto ad un governo di tecnici, ma ingloba una politicità estrema. Non l’hanno neanche tentato governi che avevano voti propri ed una maggioranza quasi bulgara in Parlamento e mi sembra difficile che riesca a portarlo a termine un governo con voti a prestito. Inoltre: questo governo deve occuparsi solo dell’emergenza o anche del risanamento il che comporterebbe l’appalto al governo dei tecnici delle grandi riforme? Al momento non è chiaro ad alcuno quali siano i paletti entro i quali questo governo debba muoversi. Ho già scritto che c’è addirittura il rischio, davvero paradossale, che il centrosinistra vada a sbattere, nel caso i compiti del governo Monti si allargassero fino al punto di occuparsi di riforme sociali. Ma questo è un discorso più politico in senso puro. In ogni caso, su questa manovra si è sentito il peso degli interessi di Casa Berlusconi. Mentre il PD ha ottenuto poco, e questo già gli sta procurando problemi con la sua base e con l’IDV, il PDL ha ottenuto quasi tutto. Berlusconi insomma riesce a governare in un altro modo e questo non mi sembra un buon viatico per l’eventuale azione riformatrice di questo governo. Ho l’impressione, ma vorrei sinceramente sbagliarmi, che stiamo perdendo ancora tempo anche se, come dicevo prima, grazie a Monti lo stiamo anche acquistando se consideriamo seriamente la prospettiva cupa di un default.

    ° ° °

    Il problema è, secondo me, che larghi strati della classe dirigente di questo Paese (e quindi non solo della classe politica) non riescono a cogliere un dato tutto sommato semplice e cioè che è inutile fare sacrifici continui e farli fare soprattutto a chi stava già male di suo, a chi sta peggio, quando alla fine l’entità quantitativa di tali sacrifici non è comunque neanche lontanamente in grado di risolvere i problemi strutturali della finanza pubblica italiana. In altre parole, invece di imporre una lunghissima e, soprattutto, inutile agonia, che ha effetti psicologici ancor più devastanti dei sacrifici materiali che vengono richiesti alla gran massa della popolazione (non a tutti purtroppo e non a chi proprio dovrebbe pagare di più, il famoso tema dell’equità), non sarebbe dieci volte meglio esperire una sola volta una manovra di carattere veramente eccezionale tale da mettere immediatamente in sicurezza i nostri titoli pubblici, i nostri conti pubblici e di conseguenza l’economia nazionale e la vita di 60 milioni di italiani?
    L’abbiamo già visto tre volte questo film in pochi mesi; si annunciano manovre risolutive, che non sono affatto risolutive ma sono pesanti lo stesso per i cittadini, e poi basta che a Wall Streeet si riuniscano un po’ di hedge funds Usa ben istruiti dalla Goldman Sachs, dalla JP Morgan, dalle sorelle del rating e che, sotto le mentite spoglie del feticcio mercato, si inventino qualche cosa per continuare la guerra o la speculazione sui mercati, vanificando così in due o tre giorni i sacrifici che non abbiamo ancora nemmeno cominciato a fare. Non si può andare avanti così ancora per molto e mi meraviglia che questa semplice intuizione di uno che non ha studiato alla “mitica” Bocconi dei ‘figli di papà’ milanesi, ma a Scienze Politiche dell’università di Roma in mezzo ai ‘figli di nessuno’ del ’77 (pur non essendo mai stato comunista, tra l’altro), non passi per la testa anche a Monti o alla classe dirigente del Paese (forse non gli passa perché in fondo vivono bene e non sanno cosa voglia dire veramente vivere nelle ristrettezze). Ho appena citato il ’77, anno che il Paese non ha mai capito e che ha voluto frettolosamente rimuovere dalla sua memoria. In quell’anno lessi una scritta su un muro dietro l’Università. Era lo slogan di un gruppetto che allora si faceva chiamare degli Indiani Metropolitani, uno slogan che a pensarci oggi, a tanti anni di distanza, aveva una forza evocativa impressionante. Diceva: “ Meglio una fine spaventosa, che uno spavento senza fine”. Questa frase era inserita nel contesto di quegli anni e voleva significare un’altra cosa, ma la possiamo collocare anche nella situazione odierna per capire meglio cosa stiamo vivendo. Se lo spavento è il default, con tutto quello che in Italia e finanche in Europa ciò comporterebbe, allora meglio un colpo secco subito, proprio per evitare la fine spaventosa dell’Italia, dell’Italia contemporanea per come l’abbiamo conosciuta, la Finis Italiae.
    Meglio qualcosa di secco, di veramente forte, di veramente risolutivo perché se non si fa una cosa del genere l’alternativa è lo spavento senza fine, che, come cittadino, prima ancora che come rappresentante di un Partito politico, ormai comincia ad angosciarmi molto di più. Immaginate cosa voglia dire trascinarsi in questa morsa sempre più asfissiante ancora per anni o per decenni?
    Vi ricordate di come si viveva solo sei mesi fa? A molti poter tornare alla situazione di giugno sembrerebbe già un sogno. In mezzo tre manovre che non hanno risolto veramente niente e che però hanno buttato sabbia in già troppi ingranaggi.
    Dopo sei mesi, credo che molta più gente si accorga del fatto che in questo Paese già oggi è quasi impossibile vivere e fare qualcosa. Aumentano a dismisura le cose che non si possono quasi più fare, che non ha più senso fare.
    Studiare non ha senso. I ragazzi assomigliano a delle piccole auto parcheggiate per tenerli occupati in qualcosa come succedeva a quei soldati a cui si facevano scavare delle buche per terra per poi fargliele ricoprire subito dopo. D’altronde, quand’anche i nostri ragazzi studiassero con profitto avendo anche la fortuna, quando va bene, di trovare quei rari professori per cui la scuola italiana non è solo la dispensatrice Bancomat di uno stipendio il giorno 27, cosa potrebbero fare visto che ottenere un qualsiasi lavoro non è possibile senza raccomandazione?
    Lavorare e cercare lavoro è impresa inutile e vana. Il numero dei giovani che non studia e non lavora è ormai altissimo, indegno di un Paese occidentale, industrializzato o civile. Al Sud in molte zone l’unico lavoro ancora possibile sembra essere quello del pusher per conto di qualche famiglia mafiosa. Un anno o due anni fa molte famiglie non arrivavano alla quarta settimana. Ora ce ne sono tantissime che non arrivano nemmeno alla seconda. Molti ex datori di lavoro di questi giovani si stanno ponendo essi stessi il dilemma di continuare ad avere una piccola attività economica o di chiudere. Il Fisco è sempre più rapace e spietato e sempre più lo sarà. Equitalia docet. Perderemo più tempo a stare attenti a non fare qualcosa di inavvertitamente pericoloso fiscalmente parlando di quanto tempo occuperemo a lavorare o a impostare una nuova attività imprenditoriale. Il risparmiatore, l’investitore sono disorientati.
    In pochi mesi tra bolli, tasse, ed altri gravami la situazione si è pesantemente aggravata. Tenere i soldi, tanti o pochi che siano, in banca e rischiare che il temuto default o la sparizione dell’euro li falcidi oppure tenerli sotto il materasso? Ma se questo disorientamento si amplifica ciò avrà conseguenze ancor più nefaste anche per le banche e per lo Stato che dovrà rinnovare entro il 2012 circa 400 miliardi di titoli di Stato. Comprare casa? Un’altra cosa che si sta rivelando impossibile o quasi. Le banche non danno mutui, le quotazioni cominciano ad abbassarsi pericolosamente. In ogni parte d’Italia questo è stato un anno brutto con vendite calate di molto e prezzi a forte sconto e, nonostante ciò, appartamenti che faticano a trovare una proposta. Imprese edilizie alla disperazione. Andare in affitto o affittare?
    Dopo la manovra Monti neanche questa sarà più una scelta rifugio. I proprietari dovranno scegliere se caricare le nuove tasse sulla casa agli affittuari (che sono già quelli che non possono comprarsi una casa) o tenere vuoti gli appartamenti. Oppure rimetterci loro i nuovi aggravi fiscali che, uniti ai vecchi, renderanno insensata anche l’attività di comprare case e poi affittarle, senza dire dello stress di coloro che già oggi faticano a pagare l’affitto. Potrei continuare per ore ad esaminare i tanti settori della vita economica e sociale senza trovare una sola attività che ormai valga la pena di essere intrapresa con fiducia nel futuro e con motivazione. Ripropongo quindi la domanda nuda, cruda e brutale; dobbiamo continuare a strozzarci da soli e per quanto tempo ancora pensiamo di poterlo fare, di poter andare avanti così? Col governo Monti abbiamo comprato solo un po’ di tempo e lo abbiamo comprato caro. Con i comici del governo precedente neanche quello, ci sono costati carissimi ed ancora non si sono tolti veramente dalle scatole. Tutto ciò che rovina la vita degli italiani, tutto ciò che li stressa, impedisce loro di programmare, di innamorarsi di un progetto, di sopravvivere, ha una sola causa, sempre la stessa nella stragrande maggioranza dei casi; debito pubblico, una entità di cui solo da qualche mese l’italiano medio comincia a prendere consapevolezza al pari della classe politica, ormai composta in buona parte da semianalfabeti di andata e di ritorno (vedere ciò che vien fuori ogni sera da trasmissioni come Le Iene o Striscia la Notizia che ci fanno toccare con mano la consistenza di gran parte degli attuali parlamentari, il cui unico scopo è il vitalizio, come se il vitalizio fosse una variabile del tutto indipendente da ciò che lo Stato è in grado di spendere o di sprecare).
    Debito Pubblico; l’entità metafisica ben tangibile e, al tempo stesso, invisibile con cui gli italiani finalmente cominciano a fare i conti. Così come cominciano a familiarizzare con le parole “default” e “spread”. I partiti che votavano non gliene avevano mai parlato di queste cose, tranne un piccolissimo e nuovissimo partito dall’inedito colore orange, che, nel gennaio 2006, appena costituitosi, scriveva sul suo sito [http://www.nuovopartitodazione.it/ita/nuovopartitodazione_note_sul_programma.htm]
    che la madre di tutte le battaglie dell’Italia era (ed è) il suo spaventoso debito pubblico. I primi membri di quel Partito erano cioè convinti del fatto che già nel gennaio 2006 l’Italia fosse in una situazione di pericolo immediato e che già allora avrebbe potuto verificarsi quanto si è scatenato a partire dal luglio 2011.
    Risparmiatevi pure la fatica di indovinare il nome di quel lungimirante “partitino”…


    ° ° °

    Quel partito piccolo piccolo lanciò anche un altro tema proibito; la Patrimoniale. Per diretta esperienza verificò l’assoluta impronunciabilità di quella parola stessa. Oggi quella parola è di attualità estrema e drammatica. Chi segue il Nuovo Partito d’Azione conosce ormai bene questa storia e sa che, nonostante la censura di una stampa vergognosa, sarà difficile disconoscere al partito orange questa lungimiranza e questo coraggio.
    Adesso però, e lo dico qui solo a titolo personale, voglio dire una cosa nuova; la Patrimoniale anche se arrivasse domattina (ed invece non arriva, nonostante il gran parlare che se ne è fatto negli ultimi mesi) non sarebbe neanch'essa più sufficiente. In fondo, come NPA l’abbiamo già detto e scritto in varie occasioni; la Patrimoniale è senz’altro il piatto forte di quella che dovrebbe essere una manovra straordinaria e risolutiva di 70 mld. per 10 anni di fila, però 70 mld si metterebbero assieme solo se alla Patrimoniale si aggiungessero fondi extra derivanti dal recupero dell’evasione, dalla lotta ai patrimoni mafiosi (tema di cui incredibilmente nessuno parla, a parte l’NPA e, gli va senz'altro riconosciuto, Elio Veltri), di privatizzazioni che non pregiudichino gli interessi strategici del Paese. La Patrimoniale sarebbe bastata da sola nel 2006, ma ho appena detto quale era il clima allora; si trattava di una parola assolutamente tabù e questo non solo con Berlusconi ma anche con Prodi. La Patrimoniale ed i cespiti straordinari di cui ho appena detto sarebbero bastati nella prima metà di quest’anno. Da allora, il tempo ha subito una accelerazione esponenziale, fenomeno tipico di tutti i processi di degenerazione del Debito Pubblico (la storia del mondo è piena sin dai tempi più remoti di processi di Debito Pubblico che si ripetono in questo modo), il tempo è volato, da giugno a dicembre sembrano passati già decenni. La Patrimoniale rimane assolutamente indispensabile ma né da sola, né con la manovra straordinaria diretta a reperire 70 mld. l’anno per dieci anni, proposta dall'NPA, può più bastare. Si è perso troppo tempo e più se ne perde più occorrono provvedimenti choc. Che bisogna fare allora se non rivolgersi a qualche santo protettore o nume tutelare?
    Lasciamo stare quelli della tradizione popolare. Parliamo dei santi protettori terreni. Man mano che i giorni e le settimane del pathos finanziario italiano passano, noi tutti possiamo avere modo di presagire un’altra, triste verità; i salvatori stanno fuggendo tutti via. Ancora pochi giorni fa girava la notizia che il FMI era già pronto ad autorizzare una tranche di ben 600 miliardi per intervenire a soccorso dell’Italia. Non si è visto ancora niente. I vari Fondi europei come l’EFSF sono troppo esigui per salvare l’Italia, figuriamoci se poi devono servire anche per la Spagna, il Portogallo, l’Irlanda e chissà forse ancora per la Grecia, che ufficialmente non ha dichiarato ancora default. Si era parlato dei cinesi, ma anche loro ci hanno ripensato ed hanno deciso che finché si tratta di comprarsi qualche buona azienda a prezzi stracciati di quelle poche di cui la piccola Grecia può ancora disporre va bene, ma con l’Italia rischierebbero grosso anche loro che già hanno le loro belle gatte da pelare con il debito Usa di cui sono i maggiori detentori. Idem dicasi per gli altri BRICS. La paura Italia fa fare 90 a tutti.
    E noi italiani, sempre così convinti di essere i più belli ed i più simpatici del mondo, proprio al modo berlusconiano, potremmo fare l’amara scoperta che a noi non ci vuole, o non ci può, salvare proprio nessuno, anche perché abbiamo il terzo debito al mondo. Inoltre, oggi sappiamo che difficilmente la Germania acconsentirà al varo degli Eurobond e sappiamo anche che difficilmente la signora Nein darà via libera alla BCE come prestatore di ultima istanza.
    Nouriel Roubini, l’economista americano di grido che ha previsto la tempesta dei mercati finanziari del 2008-2009 e che da allora è considerato una delle autorità massime, un vero guru, della finanza mondiale ha suggerito sul Financial Times del 29 novembre come via di uscita quella di una ristrutturazione immediata ed ordinata del debito pubblico italiano. Prima di esaminare questa proposta io voglio dire ai compagni ed agli amici che mi leggono che non sto scrivendo questo lungo articolo solo per pubblicizzare la proposta dell’economista Usa ma che ne parlo per onestà intellettuale proprio perché è abbastanza simile a quella che avevo già in mente di proporre da prima di conoscere quella di Roubini. Poi, a ben vedere, la mia è un tantino diversa. Ma andiamo per ordine.


    ° ° °

    Scrive Roubini:
    “Il debito pubblico dell’Italia va ridotto subito almeno al 90 per cento del pil dall’attuale 120 per cento, magari offrendo agli investitori la possibilità di scambiare i loro titoli o con un’obbligazione alla pari – con scadenza più lunga e cedola abbastanza bassa da ridurre il valore attuale netto del 25 per cento – o con un’obbligazione sotto la pari che abbia una riduzione del 25 per cento del valore nominale. L’obbligazione alla pari andrebbe bene alle banche, che trattengono i titoli fino alla scadenza e non seguono il mercato. Bisognerebbe inoltre impegnarsi a non pagare gli investitori che si ostinano a non partecipare all’offerta anche se ciò innesca il pagamento dei credit default swap”
    L’ultimo punto non è però di facile soluzione. E se gli investitori esteri non volessero aderire? Ciò scatenerebbe un evento di default e quindi il pagamento dei credit default swap. E’ un po’ facile limitarsi a dire “anche se ciò innesca il pagamento dei credit default swap”. Il problema è infatti, secondo me, come risolvere la situazione senza andare in default, un default non di gravità massima ma pur sempre default?
    Quindi, prima di tutto, chi è che si dovrebbe coinvolgere nella ristrutturazione (a patto che ristrutturazione non equivalga a default)? Tutti gli investitori, anche quelli esteri? Sarebbe preferibile così, ma la vedo difficile. Affidarsi agli investitori esteri ha i suoi vantaggi ma anche grandi rischi. Il debito pubblico ha cessato di essere una questione esclusivamente finanziaria e potrebbe far comodo a qualcuno averci sempre sotto ricatto anche per motivi politici o geostrategici. Io credo che a noi basti blindare il 20% del nostro debito pubblico, renderlo sostenibile e poi ridurre man mano dal 100% al 90% , prima soglia di sicurezza, con patrimoniali e gli altri cespiti straordinari succitati.
    Il debito se lo devono comprare o ricomprare gli italiani, ma non al 7% di rendimento, altrimenti poco cambia e non risaniamo niente, Quindi, a ben poco servono i BTP-Day in questa situazione. Gli italiani hanno ancora la forza per farlo. Detengono assets liquidi per quasi 4.000 miliardi di euro (immobili a parte). Se destinassero, o volontariamente o attraverso un prestito forzoso, il 20% dei loro investimenti ai titoli di Stato del loro Paese o destinassero una percentuale aggiuntiva che possa riacquistare debito posseduto da mani straniere (questo calcolo andrà fatto con più precisione in altra sede) potrebbero mettere in sicurezza almeno 400 mld. Tecnicamente si potrebbe fare con emissioni speciali che potremmo scherzosamente definire BP (Bond Patriottici) senza ‘haircut’, come propone Roubini, quindi senza taglio del nominale ma solo con allungamento delle scadenze a 10-15 anni. L’importante è specificare che le emissioni dovrebbero sostituire quelle in scadenza. Non dovrebbe trattarsi di quelle già emesse a cui cambiare i termini strada facendo. Così si potrebbe evitare il credit event e quindi il default in senso tecnico. Oltretutto, questo mi sembra il momento più propizio dato che nel 2012 dovranno essere rinnovati titoli per un ammontare di 400 miliardi. Si potrebbero emettere due serie diverse di BP; una destinata ad investitori cassettisti (sempre di nazionalità italiana e residenti in Italia), l'altra ad investitori traders.
    Agli investitori traders andrebbero emissioni BP con cedola del 2% (annuo), mentre per
    i cassettisti, che si impegnerebbero a non vendere i titoli e di portarli a scadenza, la cedola sarebbe
    del 3%. Ovviamente, anche i capitali detenuti legalmente all’estero dovrebbero partecipare a queste emissioni in cambio, così come per tutti gli altri italiani, non solo della cedola ma anche della stabilità dei titoli e del Paese. Un po’ poco ancora per scatenare il patriottismo degli italiani?
    No, ci potrebbe essere una bella ciliegina aggiuntiva per rendere la torta dei BP ancor più appetibile.
    Lo Stato Italiano ha un patrimonio pubblico che ammonterebbe (dico ammonterebbe perché a tutt’oggi non esiste ancora una stima precisa, incredibile a dirsi!) a circa 900 miliardi di euro. Il tasso di rendimento di tale patrimonio è calcolato inferiore all’1%. Ci sono già proposte di poterlo portare al 5%. Bene, chi sottoscrivesse, forzosamente o volontariamente, i BP potrebbe avere subito una quota o diverse quote di una società per azioni che possa gestire bene tutti i nostri beni pubblici. La società non verrebbe quotata in Borsa e le quote sarebbero inalienabili per gli investitori cassettisti.
    L’investitore sarebbe assegnatario della quota ma potrebbe venderla solo in casi estremi e cioè solo
    in caso di default dello Stato circostanza in cui la quota servirebbe come possibilità di recupero del capitale in una percentuale 1:1,3 con l’importo dei titoli detenuti. L’investitore godrebbe però di una percentuale pro-quota o pro-quote dei frutti della gestione del patrimonio pubblico e quindi di un reddito aggiuntivo a quello delle cedole dei BP.
    Per gli investitori cassettisti questo reddito aggiuntivo dovrebbe essere maggiore rispetto alle emissioni riservate per gli investitori traders. A queste condizioni gli italiani potrebbero ri/acquistare anche percentuali più alte del debito pubblico assorbendo progressivamente quelle attualmente detenute dagli stranieri o aggiungere percentuali più alte rispetto alle quote già detenute. Ovviamente quella che sto qui proponendo, per il momento solo a titolo personale,
    è solo la prima bozza di una proposta che va limata in diversi aspetti e verificata meglio con le cifre.
    Lo schema di questa proposta però mi sembra l’unico ancora in grado di salvare il Paese dalla catastrofe finanziaria, economica e sociale tanto temuta, una catastrofe che sembra ancora, anche dopo la manovra di 20 mld. del governo Monti, incombente.
     
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